Quando una persona muore e ci sono dei beni che vanno passati in successione, l’ordinamento italiano cerca di tutelare la posizione dei congiunti ovvero dei legittimi eredi del cuius.
La legge prevede infatti che ci sia una fetta del patrimonio destinata per causa di forza maggiore ai legittimari, anche contro la volontà del de cuius. Questa parte di patrimonio viene definita quota di riserva, o quota di legittima. La quota di legittima corrisponde ad una parte di eredità che chi fa testamento deve per forza di cose destinare ai suoi riservatari (non può gestire quella quota nè a titolo di liberalità né per mortis causa).
Per tale ragione viene definita “quota indisponibile” del patrimonio, in quanto riservata ai legittimari o riservatari.
Azione di riduzione per lesione di legittima
Il coniuge e i figli (in assenza di figli gli altri ascendenti) sono eredi legittimi. Nel caso in cui la quota di legittima sia stata lesa, hanno tutto il diritto di svolgere azione di riduzione per vedersi riconoscere la fetta ereditaria che la legge riserva ai legittimari. Nel nostro ordinamento è d’obbligo che il testatore limiti le sue volontà a quella parte del suo patrimonio che non rientra nella quota di eredità da dare secondo il Codice civile ai suoi eredi.
Con l’azione di riduzione i legittimari agiscono affinché la legge corregga il tiro sulla mancanza di rispetto che il testatore ha avuto nei riguardi della quota di riserva (questo accade ad esempio quando la stragrande maggioranza dell’eredità viene intestata o donata ad altri soggetti non legittimari).
Cos’è l’azione di riduzione
Analizzando più da vicino l’azione di riduzione, la possiamo definire come un’azione posta in essere dagli eredi legittimi che hanno visto ledere la quota di riserva dal testatore, vuoi con una donazione illegittima, vuoi con una disposizione testamentaria. L’azione di riduzione è disciplinata dall’articolo 553 del codice civile. Essa permette una reintegrazione della quota di legittima. In tal modo si rendono invalidi (sia integralmente sia parzialmente) quegli atti che hanno portato alla lesione della quota.
Questo istituto giuridico si può dividere in tre parti, in base alla fase e al soggetto contro cui si solleva. Possiamo parlare di:
- Azione di riduzione in senso stretto. In questo caso si richiede l’inefficacia parziale o totale delle disposizioni testamentarie e/o delle donazioni che hanno superato la quota di cui il de cuius poteva disporre liberamente;
- Azione di restituzione. In questo caso chi ha beneficiato illecitamente della quota di riserva restituisce ai soggetti legittimi i beni in questione;
- Azione di restituzione contro i terzi acquirenti. Ha lo stesso scopo di quella poc’anzi vista ma si pone in essere nei riguardi degli aventi causa dal soggetto beneficiato.
Natura giuridica dell’azione di riduzione
Possiamo definire molto complessa la natura giuridica dell’azione di riduzione. Stante ad alcune recenti interpretazioni (anche le più prevalenti) giurisprudenziali possiamo definirla come un’azione di accertamento perché serve a stabilire se vi è stata la lesione della quota di riserva. Al contempo la si può definire come un’azione di natura personale perché si rivolge al coloro cui sono destinate le disposizioni del testatore (ha effetti retroattivi dal momento che rende invalidi gli atti di disposizione del de cuius).
Per chiedere l’azione di riduzione, serve un atto di citazione, in cui si deve indicare non solo il petitum ma anche la causa petendi, ovvero ciò che si domanda e le ragioni per le quali viene fatta la domanda. All’interno dell’atto di citazione, si deve fare anche espressa richiesta di reintegrazione della quota di riserva, attraverso appunto la riduzione degli atti di disposizione o delle donazioni. Va al contempo sinteticamente spiegata la situazione dell’asse ereditario, che si ricava stabilendo il valore dei beni intestati a cui si sottraggono i debiti (relictum) e si aggiungono le donazioni compiute (donatum).