Quando un lavoratore è vittima di un infortunio sul posto del lavoro, almeno nella maggior parte dei casi, ha diritto ad un risarcimento. Sebbene questo sia vero, occorre tenere in considerazione in via preventiva, prima di entrare nel vivo del discorso, che il dipendente potrebbe aver assunto una condotta avulsa rispetto al suo ruolo, oppure può aver avuto dei comportamenti inopportuni, imprevedibili, abnormi, che escludono il diritto ad esercitare l’azione risarcitoria.
In tal caso infatti il datore di lavoro non è responsabile e al lavoratore non spetta alcunché. Tale precisazione era doverosa per affrontare il discorso circa la possibilità di ricevere una somma di denaro a titolo di indennizzo per le lesioni subite.
Da un punto di vista assicurativo e giurisprudenziale, il comportamento colposo del dipendente, come una mancanza al proprio dovere di usare dispositivi di protezione, non è sufficiente a far venire meno la sfera di competenza dell’INAIL, circa la tutela sugli infortuni lavorativi. Tuttavia dimostrare un atteggiamento colposo ed omissivo assunto dal datore di lavoro può ridurre e in alcuni casi far completamente venire meno il diritto del lesionato ad avanzare pretesa risarcitoria.
Come essere risarciti dopo un infortunio sul lavoro
Detto ciò, è opportuno tornare nel vivo del discorso precisando che l’infortunio sul lavoro è quell’episodio atto a limitare e menomare la persona in quanto tale, provocandogli un danno biologico. Questo episodio potrebbe provocare una menomazione permanente di diversa entità:
- Al di sotto del 6% non si ha diritto ad alcun indennizzo da parte dell’ente previdenziale per l’infortunio sul lavoro;
- Un infortunio di entità compresa tra il 6% e il 15% comporta il diritto ad un indennizzo in capitale, nel rispetto delle Tabelle sul danno biologico continuamente in aggiornamento;
- Se l’entità del danno supera il 15% allora sì ha diritto ad un indennizzo sotto forma di reddito, sempre in virtù di quelle che sono le tabelle di riferimento (di solito riviste ogni 5 anni).
C’è altrettanto da prendere in considerazione l’ipotesi della morte del lavoratore per infortunio sul lavoro. In questo caso sempre l’INAIL andrà a corrispondere agli eredi della persona defunta una rendita o un contributo una tantum.
Tutto questo è ampiamente vero, ma la domanda che sorge spontanea è quando sarà il datore di lavoro a rispondere del risarcimento nei riguardi del suo dipendente infortunato durante le ore di lavoro. Ebbene tale ipotesi si pone in essere in quei casi in cui il danno biologico riportato è inferiore del 6%. Altro caso in cui sarà sempre il datore di lavoro a rispondere del risarcimento è nel caso debba essere versata una differenza tra danno morale ed esistenziale e danno differenziale. In questo ultimo caso, al dipendente spetta infatti un risarcimento in virtù di quanto prevede il diritto civile (danno da lesioni micropermanenti o danno non patrimoniale).
Da quanto sino ad ora precisato, è opportuno sottolineare che il risarcimento INAIL viene erogato in automatico per legge, contrariamente invece a quello che è stato definito danno differenziale, per il quale viene erogato un risarcimento solo se la persona interessata decide di porre in essere un azione giudiziaria contro il datore di lavoro o contro il terzo responsabile (nel limite della quota che gli spetta).
Fare causa a datore di lavoro per infortunio
Anche quando un dipendente si fa male per colpa sua, ci possono essere dei presupposti che permettono di fare causa al datore di lavoro. Non a caso, la Corte di Cassazione, spesso ha messo in evidenza come il datore sia responsabile delle circostanze specifiche per le quali il lavoratore si fa male.
Bisogna infatti tenere sempre a mente che un business man tra le altre cose deve creare sempre le giuste condizioni affinché la tutela e la salute del lavoratore e sicurezza siano sempre ampiamente garantiti. Anche se il dipendente ha tenuto una condotta sbagliata, nel caso in cui il titolare non abbia messo a sua disposizione ogni possibile mezzo necessario ad evitare il verificarsi di situazioni di pericolo, sarà lui a rispondere in prima persona dell’infortunio.
Questo in quanto, tra i diversi doveri che vigono nei suoi riguardi, c’è anche quello di effettuare controlli sull’operato del lavoratore, affinché lo stesso operi nel modo giusto, ad esempio quando utilizza uno specifico macchinario. Non basta insomma che abbia adottato tutte le misure di sicurezza, deve anche supervisionare ciò che fa il suo team. Deve cioè essere certo che le misure di sicurezza vengano rispettate, per la salute dei dipendenti e per la sua reputazione. Laddove il datore di lavoro non possa dimostrare di aver preso tutte le misure di sicurezza, allora sarà perseguibile dal dipendente.
Detto quanto, per fare causa ad un datore di lavoro, come prima cosa si deve dare notizia al responsabile della sicurezza di quello che è successo. In secondo luogo occorre subito recarsi presso l’infermiera dell’azienda o in alternativa al pronto soccorso, per attestare con documenti la lesione subita, e per ottenere una diagnosi precisa. A questo punto può cominciare tutto l’iter burocratico presso un professionista per ottenere un risarcimento danno.
Nella peggiore delle ipotesi, il datore di lavoro andrà a rispondere del reato di lesioni gravi. Per evitare di incorrere in brutte sanzioni, sarà il datore di lavoro a dover presentare elementi probatori atti a dimostrare di aver assunto ogni atteggiamento possibile per garantire la sicurezza durante l’esercizio delle proprie mansioni all’infortunato e che pertanto la lesione della sua integrità fisica o mentale sia dipesa da un atteggiamento omissivo, colposo o negligente del diretto interessato.
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