Relativamente recente, la tossicologia e la chimica forense sono due discipline molto utili all’interno dei casi e dei procedimenti giudiziali. In seno alle investigazioni e ai tentativi degli inquirenti di riuscire a far luce su una data questione, la tossicologia viene impiegata per analizzare campioni o residui, od anche sangue e urine (come vedremo più avanti) affinché si possa evidenziare un ipotetico impiego di droghe, farmaci o veleni.
Non a caso oer definizione, la tossicologia è definita la scienza che analizza farmaci e droghe e le conseguenze che essi causano in un soggetto che ne fa uso. È un modo come un altro per provare a seguire una determinata pista nelle indagini, e a stabilire se vi sia o meno stato uso di sostanze stupefacenti e psicotrope.
La storia della tossicologia e della chimica forense
Come anticipato nel paragrafo introduttivo, la nascita della tossicologia forense non è propriamente recente. La sua nascita va infatti ricondotta al XIX secolo, quando Mathieu Orfila nel 1814 pubblicò il suo primo lavoro sulla natura chimica e fisiologica dei veleni (Traité des Poisons). Viene infatti nella materia considerato lui il capostipite di una scienza oggi utilissima ai fini processuali, tant’è che lui stesso in prima persona dispose le sue conoscenze e abilità in molti processi per omicidio e divenne noto per l’uso del test di Marsh nel processo a carico dell’avvelenatrice Marie Lafarge
L’analisi dei campioni
Si occupano di analizzare i campioni biologici operatori esperti, che hanno seguito un determinato excursus accademico e che dunque sanno rilevare tracce nelle matrici biologiche, siano esse più o meno convenzionali. Da una analisi di laboratorio molto accurata, si può dunque stabilire se ci sia o meno stata l’assunzione di psicofarmaci, stupefacenti, alcol etilico ed ogni altra tipologia di sostanza tossica organica volatile. Le finalità per cui vengono effettuate queste analisi non sono comunque esclusivamente medico legali, ma possono anche essere prettamente cliniche od amministrative.
I campioni posti all’attenzione del laboratorio possono inserire al sangue, alle urine, ai capelli e altre formazioni pilifero, ma anche a tracce salivari. Di solito si impiegano i capelli qualora sia trascorso troppo tempo dall’ultima assunzione e si intende dunque provare a rinvenire tracce usando un campione biologico sul quale le tracce di queste sostanze permangono più a lungo.
Come funziona un laboratorio di tossicologia
Un laboratorio di tossicologia e chimica forense si distingue da un comune laboratorio per il tipo di prestazioni che offre. La sua mansione infatti si basa non solo sulla eventuale diagnosi di avvelenamento, ma anche sull’accertamento della natura stupefacente di campioni merceologici. Gli esperti vengono chiamati in causa anche per stabilire se siano scaturite delle disabilità provocato da abuso sostanze stupefacenti e psicotrope.
È importante ai fini procedurali la massima professionalità ed esperienza nel settore di coloro che effettuano le analisi dei campioni rilevati. È uso comune partecipare a programmi di aggiornamento, così come è un uso la conservazione dei dati ottenuti per almeno tre anni sia in forma cartacea che in forma elettronica. Grazie poi a programmi altamente tecnologici e con un alto margine di precisione, l’attendibilità dei dati viene considerata rilevante in seno al processo, per muovere o confermare un’accusa. Insomma è partendo da questi dati che si può stabilire l’innocenza o la colpevolezza di una persona così come si può stabilire le modalità di morte di una vittima.
Impiegati in questi laboratori sono soggetti che dopo aver frequentato il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia si specializzato in Medicina Legale e delle Assicurazioni. A coadiuvare il loro lavoro possono trovarsi criminologi o laureati in tecnico di laboratorio o in biologia molecolare, ma che sono stati formati per imparare ad effettuare una valutazione ed un controllo del rischio tossicologico sui campioni che pervengono in laboratorio.