Il licenziamento disciplinare è legittimo se medico ha prescritto riposo

Il licenziamento disciplinare del lavoratore colto a guidare un trattore nei campi è legittimo se il medico ha prescritto un rigido riposo

Il Tribunale di Novara e successivamente la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 14 giugno 2018, rigettavano la domanda proposta da un lavoratore che aveva impugnato il licenziamento disciplinare intimato da parte del datore di lavoro che, dopo avere assunto un investigatore privato, aveva accertato l’incompatibilità di altra attività lavorativa con la malattia attestata dal certificato medico.

Nello specifico il lavoratore in malattia veniva sorpreso alla guida di un trattore e a caricare e scaricare legna e taniche.

Sostanzialmente la Corte d’Appello riteneva inidonea la condotta del lavoratore che con tali attività avrebbe ritardato la guarigione e il ritorno al posto di lavoro.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino, il lavoratore proponeva ricorso per Cassazione affidando l’impugnazione a due motivi:

  • Con il primo motivo di ricorso eccepiva la nullità della sentenza perché la Corte aveva fondato il proprio convincimento sul fatto che il lavoratore in malattia avrebbe dovuto evitare attività che potevano impegnarlo fisicamente;
  • Con il secondo motivo lamentava la nullità della sentenza per aver la Corte pronunciato senza aver ammesso nel corso del giudizio la consulenza tecnica d’ufficio.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi strettamente connessi e ha dichiarato il ricorso inammissibile con sentenza n. 11535 del 15 giugno 2020.

Il Supremo Collegio ha stabilito infatti che: si deve infatti osservare come, da un lato, il valore confessorio attribuito dalla Corte territoriale alle giustificazioni del ricorrente e qui non disconosciuto rilevino al fine di fondare, anche in via presuntiva, il giudizio sulla veridicità delle condotte addebitate e sull’inattendibilità dei testi e come, dall’altro, la corretta considerazione per cui la censurabilità delle condotte non dipende dalla concreta e accertata incidenza ex post delle attività del lavoratore sul processo di guarigione bensì sulla loro potenziale idoneità ad interferire con tale processo valgano ad avvalorare la decisione di mancata ammissione della richiesta CTU e la conclusione, non certo smentita dal rilievo del ricorrente per cui il periodo di rigorosa osservanza del riposo doveva ritenersi, alla luce del certificato medico scaduto, il giorno precedente a quello in cui si era accertato fossero state tenute quelle condotte, per cui il dovere di correttezza e buona fede doveva indurre il ricorrente ad astenersi da attività, come il carico e scarico della legna o il trasporto di taniche o anche la guida di un trattore, potenzialmente idonee a pregiudicare il recupero”.

Va ricordato che l’art. 2110 del nostro codice civile disciplina e tutela i casi di malattia e di infortunio attribuendo al prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità durante questi periodi.

Il datore di lavoro ha d’altro canto diritto di recedere dal contratto quando viene superato il cosiddetto periodo di comporto.

Il lavoratore può uscire di casa durante la malattia?

Alla luce della sentenza sopracitata occorre preliminarmente chiedersi se il lavoratore può uscire di casa quando è malato.

La risposta è sì ma vi sono delle fasce orarie da rispettare.

I pubblici dipendenti devono restare a casa dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00.

I dipendenti privati invece dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Qualora non si trovino a casa in questi orari rischiano delle sanzioni disciplinari che possono arrivare fino al licenziamento.

Durante il periodo di periodo di pandemia scatenato dal coronavirus le visite fiscali sono addirittura state sospese.

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni fin qui svolte vi sono diversi obblighi per i lavoratori che si assentano dal lavoro per malattia o infortunio e occorre che gli stessi evitino di aggravare le loro condizioni di salute al fine di evitare il licenziamento disciplinare.

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