Con il testamento, una persona può decidere come disporre dei propri beni a sua morte. È un atto giuridico che racchiude le ultime volontà, ma che oltre a contenere disposizioni patrimoniali, può anche indicare come usare i beni o che comportamenti morali assumere.
Parliamo quindi di un documento vincolante, sia personalmente che finanziariamente, che in alcune circostanze potrebbe anche compromettere gli interessi dei soggetti coinvolti. Ed è proprio in questo ultimo caso, che un avente diritto può contestare, o meglio impugnare il testamento, chiedendo l’intervento delle autorità competenti (il giudice). Tralasciando in tal sede la distinzione tra le varie tipologie di testamento (segreto, pubblico, olografo), vediamo come si fa a contestare un atto giuridico del genere e quali situazioni l’ordinamento riconosce come valide per improntare un iter.
Contestare il testamento: come e perché
Per capire come impugnare un testamento e perché farlo, devi considerare i dettami normativi previsti dalla legge italiana. L’impugnazione di un testamento da parte di soggetti lesi o interessati può avvenire solo se si tratta di testamenti olografi o testamenti pubblici.
Detto quanto, circa le cause di impugnazione, esse sono correlate a quelli che giuridicamente parlando si chiamano vizi sostanziali, vizi formali, vizi di volontà, vizi di difetto della capacità.
- Nel primo caso, si fa riferimento ad esempio ad imperfezioni nel testo (mancanza di dati, firme, o assenza di testimoni);
- Nel secondo caso, è il contenuto del testamento ad essere compromesso;
- Nel terzo caso, si ipotizza che il testo sia stato ottenuto da dolo, errore o violenza;
- Nel quarto ed ultimo caso, chi ha scritto testamento non è detentore per la legge di capacità legale (ad esempio incapaci, minori e così via).
In una di queste situazioni, chiunque si accorga di anomalie nel testamento, può sollevare l’invalidità dello stesso attraverso impugnazione. Ovviamente la causa tira in ballo tutti coloro che sono coinvolti (cioè eredi e legatari) in un giudizio pendente presso il tribunale competente, dove il giudice può pronunciarsi con sentenza di nullità o di annullabilità del testamento.
Il caso del testamento olografo
Non essendoci nel testamento olografo l’intervento notarile, è più facile che il suo contenuto venga messo in discussione e sia oggetto di impugnazione da parte di chi si sente leso. Anche in questo caso vengono tirati in ballo i vizi che abbiamo descritto poc’anzi. Durante l’iter giudiziario, si possono richiedere anche delle verifiche ulteriori (magari attraverso degli esperti in perizie calligrafiche) per attestare l’autenticità del documento e per capire se sia effettivamente stata redatta dal testatore, o se invece ci sono manomissione o forzature al suo interno.
Le verifiche generali possono altresì servire per attestare se al momento della redazione dell’atto, il testatore, de cuius, fosse in grado di intendere e volere (questo accade quando fosse comprovata la malattia dello stesso in vita). Sono tutte situazioni particolari, di cui il giudice vuole avere contezza prima di potersi esprimere in favore o sfavore di chi ha sollevato la questione.
Il caso del testamento pubblico
Sebbene con un margine di fermezza più alto, anche il testamento pubblico può far adirare terzi soggetti, convinti di aver subito delle mancanze dal testatore. Colui ad esempio che ha ricevuto una quota inferiore rispetto alle sue aspettative può chiedere l’intervento del giudice, per capire se effettivamente l’atto sia o meno stato stilato secondo legge. Questa ipotesi può sposarsi bene con quella in cui i soggetti citati nel testamento, abbiano sentore che il contenuto dell’atto sia emerso sotto influenza di altri soggetti. Insomma qualunque sia il dubbio o il presentimento, se sussistente davvero, può portare all’intervento del giudice.
Ognuno dei vizi che abbiamo visto più avanti dunque, vale per ogni tipologia di testamento. E se realmente dovesse emergere l’esistenza di uno di questi vizi, il giudice non potrà fare altro che dichiarare nullo l’atto giuridico.