Quando un soggetto vanta un credito nei confronti di un altro soggetto che si mostra inadempiente, è possibile porre in essere un procedimento di ingiunzione o decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo, come descrive anche il codice di procedura civile negli articoli 633 e ss, rappresenta un procedimento di natura sommaria, grazie al quale viene emanato un provvedimento inaudita altera parte con forza di giudicato.
Per poter avanzare questo tipo di pretesa, il soggetto creditore deve essere in possesso di una prova scritta. Vengono considerati validi elementi probatori scritture private, polizze, telegrammi, promesse unilaterali, ma anche estratti autentici contabili (purché siano vidimate o bollate) e così via. Il discorso sarebbe davvero prolisso, per cui andiamo direttamente al nocciolo della questione: in tema di prove per ingiunzione di pagamento, che ruolo investe la fattura elettronica?
Il decreto ingiuntivo su fattura elettronica
A Partire da gennaio 2019 è entrato in vigore l’obbligo di emissione della fattura elettronica. Trattasi di un file digitale, prodotto in formato XML, al cui interno non ci sono codici o macroistruzioni tali da stravolgere gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati. Se il file contenuto nella fattura presenta anche la firma digitale, un sistema apposito svolge il controllo di validità della stessa (tant’è che se l’esito dovesse essere negativo, il file viene scartato). Questo controllo di cui abbiamo accennato poc’anzi avviene grazie al Sistema di Interscambio, il cui scopo è generare documento autentici e non modificabili.
Le basi informatiche e giurisprudenziali della fatturazione elettronica in quanto tale, rendono questo documento adatto a mettere in piedi un decreto ingiuntivo?
Per quanto lecita sia la domanda, complessa sarà la risposta. Molte sono state infatti le posizione teoriche della giurisprudenza sul tema. Di solito le tesi più acclarate sono quelle che considerano le fatture elettroniche valide di per sé e dunque idonee a porre in essere un decreto ingiuntivo. Anzi l’orientamento maggioritario specifica anche che la sussistenza delle fatture elettroniche esime dall’obbligo di deposito dei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972.
Il caso a titolo di esempio
Almeno così pare si sia pronunciato il Tribunale di Verona in una sentenza risalente a novembre 2019. In questo caso specifico, secondo il giudice, la fattura elettronica prodotta in giudizio ha valore a tutti gli effetti per esperire una ingiunzione di pagamento, dal momento che si tratta di una prova scritta al pari di un estratto autentico, tipico delle scritture contabili come indicate dall’art. 634 del codice di procedura civile. Questa conclusione arriva sulla base di una considerazione: ovvero che stante al contenuto della fattura come documento fiscale, il sistema che la genera produce documenti autentici impossibili da modificare. La fattura elettronica non può essere considerata una copia di documenti informatici, bensì un duplicato informatico, originale in ogni sua parte, e destinata ad un terzo qualificato, come l’Agenzia delle Entrate.
A ben dire si può concludere in un certo senso il discorso sostenendo che il file xml del documento può essere ritenuto, anche in vista dei nuovi strumenti tecnologici facenti parte della società, come una prova di autenticità del documento stesso, e non sopperisce all’onere di regolare tenuta del registro.
Parere contrario al decreto ingiuntivo su fatture elettroniche
Sebbene questa sia considerata la normalità, il tribunale di Vicenza si è espressa a riguardo in modo totalmente opposto. Questo in quanto, secondo il giudice, l’obbligo di presentare l’estratto autentico delle scritture contabili di cui all’art. 634 c.p.c. ha lo scopo di permettere un controllo pieno sulla regolare tenuta delle scritture. La qual cosa non può essere certo sostituita con l’emissione di una fattura elettronica. Continuando con questo ragionamento, sentirsi in diritto di non annotare i movimenti sui registri solo perché presenti le fatture elettroniche rappresenta una mancanza che priva il discorso della validità della regola di regolare tenuta delle scritture.
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